giovedì 31 maggio 2012

La scelta di Sophie









Un macigno questo film.
Intenso e straziante. Resta sul cuore e resta in gola.

Ce l’avevo lì da mesi, sapevo che sarebbe stato impegnativo ma adoro Meryl Streep ed ero curiosa di vedere questa pellicola con la quale ha vinto l’oscar, quindi ho aspettato la serata e lo stato d’animo giusti per affrontare le due ore e mezza di film e…  sono ancora qui che ci penso dopo una settimana.

La storia è narrata dal giovane Stingo che arriva a New York dopo la fine della seconda guerra mondiale con l’ambizione di diventare scrittore. Lì stringe una forte amicizia con la coppia formata dall’ebreo Nathan irruento e travolgente (e, poi si scoprirà, affetto da schizofrenia paranoide e ossessionato dai crimini commessi dai nazisti) e l’immigrata polacca Sophie scampata da Auschwitz.  Attraverso continui flashback in bianco e nero ambientati nel ghetto di Varsavia e nel campo, Stingo scopre il passato di Sophie e le cause dei sensi  di colpa che la tormentano. E’ figlia di un professore universitario con tendenze filonaziste, ha collaborato nel campo con il gerarca Hoess  lavorando per lui come segretaria nel tentativo di aver salva la vita, è sopravvissuta mentre milioni di persone sono morte.

E poi la terribile scelta.
Non credo di rovinare la sorpresa a chi vorrà vedere il film anticipando il momento clue: Sophie sarà costretta a scegliere quale dei suoi due figli sacrificare e quale salvare. La scena è talmente crudele che anche se ne conosciamo il contenuto  resta  una delle più impressionanti e strazianti che io abbia mai visto.
E il modo in cui è stata costruita è assolutamente emblematico. Sophie è appena arrivata ad Auschwitz , attende in fila con i suoi figli e viene avvicinata da un ufficiale nazista che la loda per la sua bellezza quasi ariana. Lei dapprima è intimorita ma poi si fa coraggio e spera di poter sfruttare quel piccolo privilegio per salvarsi. Ma non sarà fortunata (perché solo  di fortuna si tratta in questi casi). L’ufficiale la metterà di fronte alla scelta più crudele: decidere quale dei suoi figli salvare o mandarli a morire entrambi.
Sul volto di Sophie passano tutte le emozioni, dalla paura iniziale alla speranza all’orrore, e qui secondo me Meryl Streep è davvero meravigliosa.
E’ una scelta quasi impossibile, eppure non farla sarebbe ancora peggio.  Poi non le permetterà di vivere, spingendola inesorabilmente sulla strada dell’autodistruzione.
Sophie si legherà fino alla fine ad un uomo instabile e malato pur avendo davanti a sé la possibilità di scegliere una vita più tranquilla, non sarà in grado di vincere il senso di colpa per essersi salvata, per essersi venduta pur di salvarsi, e soprattutto per la scelta che ha dovuto fare.

Di film sul nazismo se ne sono visti tanti. Alcuni li ho trovati un po’ banali anche se provo sempre un po’ di imbarazzo nell’associare questo aggettivo a questo evento.  (L’ultimo che mi aveva davvero colpita era stato Il bambino col pigiama a righe).
La scelta di Sophie, oltre allo strazio che suscita la scena che ho citato, oltre alla bravura incredibile della protagonista, che a parere mio è una delle migliori attrici attualmente in circolazione (ha imparato a parlare in polacco e in tedesco per questo film!) mi ha fatto riflettere su un punto, uno tra gli infiniti interrogativi che il tema del nazismo può sollevare.
Possiamo noi davvero giudicare chi trovandosi  in quella situazione non ha avuto la capacità, l’intelligenza, il coraggio e la statura morale per fare una scelta coerente, ma ha anteposto la propria salvezza e quella dei suoi figli a qualsiasi altro  ideale?


E’ stato abbastanza faticoso scrivere questo post…..
La prossima volta un film più leggero :)

La Scelta di Sophie, di Alan J.Pakula
Usa 1982
Con Meryl Streep, Kevin Kline, Peter MacNicol
durata 130'

domenica 27 maggio 2012

Massimo Gramellini, Fai bei sogni




Se avessi saputo che il libro di Gramellini è primo in classifica di vendita da parecchie settimane probabilmente non l’avrei comprato, di solito non mi piace seguire queste logiche nella scelta delle mie letture.

La curiosità invece è nata ascoltando un’intervista all’autore durante uno dei pomeriggi di Fahrenheit


Fahrenheit - Intervista a Gramellini

Stavo tornando a casa in macchina e mi hanno colpita le parole di Gramellini secondo il quale tutti abbiamo un segreto nel nostro passato, un trauma, un ricordo che non abbiamo digerito e che ha condizionato la nostra vita e la formazione del nostro carattere.
Questo ricordo è spesso doloroso e difficile da affrontare, per questo il nostro subconscio, con l’intenzione di proteggerci, cerca di distrarci, crea delle difese per ridurre la sofferenza.
Il nostro intuito però sa qual è la verità, e finché non affrontiamo questo ricordo restiamo in qualche modo bambini. Per evolvere e diventare adulti  dobbiamo necessariamente ascoltare la voce dell’intuizione ed accettare infine il fatto che i ricordi negativi non possono essere eliminati, ma può essere eliminato il dolore che ne deriva, e questo accade solo se riusciamo a perdonare gli altri che ci hanno fatto soffrire e a perdonare anche noi  stessi.
La storia nasce quindi dall’idea che nella vita di ognuno c'è un romanzo che può essere raccontato, che non è la sua vita tutta ma una parte di essa, un filo rosso, un fatto traumatico o l’evento dinamico da cui comincia la ricerca.

Psicologia spicciola?
Guarda caso l’autore ha raccontato di aver ricevuto lettere e commenti di tanti lettori che gli confessavano di aver vissuto lo stesso genere di esperienza, e di essersi  molto stupito di non essere il solo.

Molto brevemente  la storia (si tratta di un romanzo autobiografico) è quella di  Massimo  la cui madre muore quando lui ha solo nove anni. Il padre non è in grado di sopperire all’amore materno né di trovare chi possa farlo.  Il ragazzo cresce e fa le sue esperienze profondamente condizionato da questa assenza, finché non troverà il coraggio di affrontare il suo dolore e di scoprire una verità che gli era stata tenuta nascosta.

Devo dire che l’intervista mi ha colpita più del libro, che si legge molto facilmente, è agile, gradevole, ironico, a tratti furbo, mai melenso (l’autore d’altra parte è del mestiere).

In fondo perché dovremmo sempre  analizzare tutto sulla base dello stile letterario, della costruzione dei personaggi, della coerenza della storia…? Questa volta vale la pena, secondo me, lasciarsi trasportare dalla narrazione e godersi una piacevole lettura.




martedì 22 maggio 2012

Jose Saramago, La Caverna


Ho appena finito di leggere un libro che mi è stato regalato da un’amica alla quale era piaciuto molto. E’ passato qualche mese da quel giorno, come capita spesso, ma i libri per fortuna non hanno una data di scadenza, e così quando è arrivato il momento giusto  ho deciso di scoprirne il contenuto…
… sono rimasta così colpita che voglio condividerlo con voi.

L’autore è Josè Saramago e il libro si intitola “La Caverna”.
Vi avverto subito che non si tratta di una lettura da spiaggia - ma anche le letture da spiaggia hanno la loro grande importanza! J - anzi a dire il vero all’inizio ho fatto una certa fatica a restare concentrata e a seguire il filo della storia. Poi però ho trovato il ritmo giusto e mi sono lasciata trasportare dalle parole che scorrono un po’ come un fiume in questo libro, anche perché le frasi sono molto lunghe e l’autore usa la punteggiatura in modo alquanto particolare, i dialoghi ad esempio non sono introdotti dai classici a capo, virgolette ecc. ma solo da virgole e lettere maiuscole mescolate nel testo quindi anche a livello grafico i capitoli sono dei blocchi compatti che non permettono mai di tirare il fiato (e anche per questo la lettura risulta impegnativa).

Non so se vi era capitato di leggere 1984 di Orwell durante gli anni di scuola, e di rileggerlo poi più recentemente, diciamo negli corso degli ultimi 5 anni…? Io l’ho fatto e ho trovato agghiacciante rendermi conto che la realtà che quella volta avevo ritenuto improbabile e lontanissima…. è ora la nostra quotidianità, e che anzi  siamo già ben oltre!
Ecco, leggendo La Caverna ho pensato che il mondo che lui descrive mi sembra allucinante e impossibile da realizzare, e invece ahimè la società in cui viviamo, almeno quella occidentale, sta andando proprio in questa direzione.

La storia è questa.
Due realtà contrapposte. Da un lato una famiglia composta dal padre vasaio, la figlia che lo aiuta nel suo lavoro e dal marito della figlia. Vivono in un paesino alla periferia della città, in un ambiente povero ma non necessariamente degradato, diciamo essenziale. Conducono un’esistenza tutto sommato dignitosa, si vogliono bene e sembrano non aver bisogno d’altro.
Dall’altro lato c’è il Centro. Un gigantesco centro commerciale, una costruzione infinita posta in città ma che sembra inglobare la città stessa, una sorta di città nella città. Il Centro è un universo totalmente autosufficiente, vi si trovano negozi, piscine, palestre, discoteche, cinema, teatri, ospedali (!), un cimitero (!!) e appartamenti dove vivono i dipendenti del Centro stesso che godono di questo privilegio. Gli appartamenti migliori sono quelli che hanno le finestre con vista all’interno del centro stesso e non sulla strada, d’altra parte le finestre non si potrebbero aprire perché l’aria è purificata e la temperatura e il grado di umidità sono costanti ed ottimali. La vita al centro quindi è il meglio che si possa desiderare, soprattutto se contrapposto al mondo esterno dove il traffico, i pericoli, la delinquenza e l’inquinamento sono all’ordine del giorno.
Chi vive all’interno del Centro però deve seguire rigorosamente le regole, senza fare troppe domande e senza in alcun modo eludere la sorveglianza e turbarne l’organizzazione.

La storia inizia quando al vasaio, che vende le sue stoviglie al Centro, suo unico cliente, viene rifiutata la solita fornitura perché la sua merce non risponde più alla la legge di mercato. Deve quindi cercare di inventarsi un altro prodotto che possa risultare gradito al pubblico, altrimenti si vedrà costretto a chiudere la sua fornace e a trasferirsi a vivere al Centro con il genero che lavora lì come guardiano, e che ha appena ricevuto la promozione a guardiano residente, quindi con il dovere (più che il diritto) di vivere in uno degli appartamenti del Centro.

Nel romanzo ci sono anche un bambino in arrivo, un amore che stenta a sbocciare, un cane davvero speciale e un segreto a cui fa riferimento il titolo.

Non dico altro, altrimenti vi svelo troppo.

Si tratta di fantascienza?
Sarebbe bello se fosse così. Purtroppo però basta guardarsi un po’ attorno per renderci conto che non siamo poi così lontani…
Rubo da una recensione: Saramago ricorda a tutti gli esaltatori delle magnifiche sorti e progressive dell'Occidente industrializzato e tecnologico che bisogna salvare la propria umanità da un mondo capace solo di produrre e consumare merci
Le accuse di Saramago alla globalizzazione sono abbastanza evidenti in questo romanzo. Personalmente non sono così drasticamente contraria però….. questo genere di letture possono essere uno spunto per riflettere e cercare di non farci narcotizzare…

Che ne sarà di noi se il Centro deciderà di non comprare più, per chi ci metteremo a fabbricare stoviglie se sono i gusti del centro a determinare i gusti di tutta la gente?

Buona lettura, e se ne avrete voglia ci confronteremo!

Perchè qui


Ogni volta che finisco di leggere un libro che mi ha appassionato, o guardo un film che mi ha lasciato qualcosa dentro e mi ha fatto pensare, ogni volta che ascolto una trasmissione alla radio che mi sembra interessante ed istruttiva, (altro che la tv) ….
… vorrei parlarne con gli amici che condividono con me queste passioni, vorrei suggerire loro questo libro o quel film, discuterne, confrontarmi, anche litigare…
Fortunatamente riesco a farlo spesso. A volte i pareri sono concordi, altre volte completamente discordi, altre volte ancora ne traggo spunti di riflessione alle quali non avevo pensato.
E anch’io rubo consigli, suggerimenti, dvd e libri.

Non sempre però tutti gli amici sono immediatamente disponibili, alcuni abitano lontano, spesso mancano il tempo e le occasioni.

L’altra sera ho finito di leggere un libro che mi ha emozionata. Ero già a metà della mail che avrei spedito con tutti i miei commenti e le considerazioni e ho pensato… ma ci sarà un modo, un luogo virtuale dove poter raccogliere i nostri dibattiti?
E così mi è venuta in mente l’idea di questo blog.
Cominciamo intanto così, tra di noi. Non so cosa ne verrà fuori, forse ci sarà un seguito, forse no….
Non so neanche bene come funziona un blog, non ne ho mai seguito uno… Vediamo.

Tutti gli amici sono invitati a partecipare!
Buon viaggio