Un macigno questo film.
Intenso e straziante. Resta
sul cuore e resta in gola.
Ce l’avevo lì da mesi, sapevo
che sarebbe stato impegnativo ma adoro Meryl Streep ed ero curiosa di vedere questa
pellicola con la quale ha vinto l’oscar, quindi ho aspettato la serata e lo
stato d’animo giusti per affrontare le due ore e mezza di film e… sono ancora qui che ci penso dopo una
settimana.
La storia è narrata dal
giovane Stingo che arriva a New York dopo la fine della seconda guerra mondiale
con l’ambizione di diventare scrittore. Lì stringe una forte amicizia con la
coppia formata dall’ebreo Nathan irruento e travolgente (e, poi si scoprirà,
affetto da schizofrenia paranoide e ossessionato dai crimini commessi dai nazisti)
e l’immigrata polacca Sophie scampata da Auschwitz. Attraverso continui flashback in bianco e
nero ambientati nel ghetto di Varsavia e nel campo, Stingo scopre il passato di
Sophie e le cause dei sensi di colpa che
la tormentano. E’ figlia di un professore universitario con tendenze filonaziste,
ha collaborato nel campo con il gerarca Hoess lavorando per lui come segretaria nel
tentativo di aver salva la vita, è sopravvissuta mentre milioni di persone sono
morte.
E poi la terribile scelta.
Non credo di rovinare la
sorpresa a chi vorrà vedere il film anticipando il momento clue: Sophie sarà
costretta a scegliere quale dei suoi due figli sacrificare e quale salvare. La
scena è talmente crudele che anche se ne conosciamo il contenuto resta una delle più impressionanti e strazianti che
io abbia mai visto.
E il modo in cui è stata
costruita è assolutamente emblematico. Sophie è appena arrivata ad Auschwitz ,
attende in fila con i suoi figli e viene avvicinata da un ufficiale nazista che
la loda per la sua bellezza quasi ariana. Lei dapprima è intimorita ma poi si
fa coraggio e spera di poter sfruttare quel piccolo privilegio per salvarsi. Ma
non sarà fortunata (perché solo di fortuna
si tratta in questi casi). L’ufficiale la metterà di fronte alla scelta più
crudele: decidere quale dei suoi figli salvare o mandarli a morire entrambi.
Sul volto di Sophie passano
tutte le emozioni, dalla paura iniziale alla speranza all’orrore, e qui secondo
me Meryl Streep è davvero meravigliosa.
E’ una scelta quasi
impossibile, eppure non farla sarebbe ancora peggio. Poi non le permetterà di vivere, spingendola inesorabilmente
sulla strada dell’autodistruzione.
Sophie si legherà fino alla
fine ad un uomo instabile e malato pur avendo davanti a sé la possibilità di
scegliere una vita più tranquilla, non sarà in grado di vincere il senso di
colpa per essersi salvata, per essersi venduta pur di salvarsi, e soprattutto
per la scelta che ha dovuto fare.
Di film sul nazismo se ne sono
visti tanti. Alcuni li ho trovati un po’ banali anche se provo sempre un po’ di
imbarazzo nell’associare questo aggettivo a questo evento. (L’ultimo che mi aveva davvero colpita era
stato Il bambino col pigiama a righe).
La scelta di Sophie, oltre allo
strazio che suscita la scena che ho citato, oltre alla bravura incredibile
della protagonista, che a parere mio è una delle migliori attrici attualmente in
circolazione (ha imparato a parlare in polacco e in tedesco per questo film!)
mi ha fatto riflettere su un punto, uno tra gli infiniti interrogativi che il
tema del nazismo può sollevare.
Possiamo noi davvero giudicare
chi trovandosi in quella situazione non ha
avuto la capacità, l’intelligenza, il coraggio e la statura morale per fare una
scelta coerente, ma ha anteposto la propria salvezza e quella dei suoi figli a
qualsiasi altro ideale?
E’ stato abbastanza faticoso
scrivere questo post…..
La prossima volta un film più
leggero :)
La Scelta di Sophie, di Alan J.Pakula
Usa 1982
Con Meryl Streep, Kevin Kline, Peter MacNicol
durata 130'