Ecco finalmente un film
originale, sicuramente diverso da tutti quelli che ho visto direi negli ultimi
anni. Dà soddisfazione poter fare
questa constatazione. Tra tutte le polemiche di questi giorni sui film in
concorso a Venezia, Bellocchio si, Pietà no, a mio parere E’ stato il figlio esce vincitore.
Il racconto ha una cornice: in
attesa all’ufficio postale un uomo dallo sguardo alla Forrest Gump inizia a
raccontare agli spettatori la storia della famiglia Ciraulo, Nicola e Loredana
con i figli Tancredi e Serenella, il nonno e la nonna. Sopravvivono in uno
squallidissimo quartiere proletario di Palermo e sbarcano il lunario giorno
dopo giorno senza alcuna prospettiva. Chi è il misterioso narratore verrà
svelato solo alla fine.
Siamo negli anni settanta-ottanta.
Un giorno Serenella viene uccisa per errore in un regolamento di conti. La morte
della bambina è una tragedia ma solo per pochi istanti. Si fa strada infatti la
possibilità di ottenere un risarcimento come vittime di mafia (anche se di
mafia non si tratta). Ai Ciraulo non sembra vero di poter finalmente fare i
signori e perdono letteralmente la testa. Ancora prima di aver incassato il
risarcimento cominciano a farsi fare credito nelle botteghe del circondario, e
devono ben presto affidarsi ad un improbabile strozzino per ripagare i debiti
contratti. Quando finalmente il risarcimento arriva Nicola non resiste e spende
tutto per comprarsi… una Mercedes! status symbol per eccellenza di quel
periodo. Sarà l’inizio della fine.
Meraviglioso, splendido Toni
Servillo nel ruolo di Nicola. Prendete Alex Drastico (ve lo ricordate? il poliziotto siciliano
di Antonio Albanese) e aggiungeteci una buona dose di surrealismo. Occhiali a televisore,
barba sfatta, canottiera lurida e siciliano stretto. Anche solo la sua
camminata è indimenticabile. Quando arrivano “i picciuli” e può comprare la
Mercedes che lo farà diventare il signore del quartiere assume un’espressione
beatamente ebete, perde completamente il senso della misura, esibisce macchina
e famiglia e non manca di farla benedire dal prete. Ovviamente lucida la
macchina in continuazione e la tratta meglio della figlia che ha perso.
Molto brava anche la moglie
Giselda Volodi. Le inquadrature da vicino fanno apparire ancora più
brutto e caricaturale il suo volto allungato ed il nasone. C’è poi Fabrizio Falco
premiato a Venezia con il Premio Mastroianni, già visto in Bella Addormentata
(ma vi siete accorti che anche Piergiorgio Bellocchio faceva parte del cast di
questo film? Era il signore che ascoltava il racconto del narratore alla posta,
seduto alle sue spalle). E infine grandiosa anche la nonna che nel finale
assume saldamente le redini della situazione, ordina e dispone in modo che
tutto si risolva nel modo più conveniente per la famiglia.
I dialoghi sono tutti in siciliano,
sottotitolati dove meno comprensibili, anche se tutto sommato non ce ne sarebbe stato
bisogno, basta aver letto un po’ di Camilleri.
Un ultimo plauso alla colonna
sonora che fa da cornice perfetta alla vicenda. "Impossibile.... come scrivere col gesso sulle nuvole...."
Il film è ambientato a Palermo
ma è stato girato quasi interamente a Brindisi, ed è tratto dal tomanzo omonimo
di Roberto Alajmo.
C’è sicuramente il ricordo dei personaggi che Daniele
Ciprì aveva creato assieme a Franco Maresco in Cinico TV, figure folli e
squallide in una Sicilia desolata. In più il regista ha saputo rappresentare con surreale neorealismo uno dei vizi più odiosi della nostra epoca, la corsa al lusso
e il ricorso al credito fino alla trappola dell’usura.
E’ stato il figlio di Daniele
Ciprì, Italia Francia 2011
Con Toni Servillo, GIselda
Volodi, Fabrizio Falco, Aurora Quattrocchi
Durata 90’
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