I miei amici mi hanno parlato
di questo film in toni così entusiastici che dovevo vederlo!
A dire il vero non me ne sono innamorata, tuttavia ci sono parecchi
aspetti di cui merita parlare.
Come abbiamo già visto un film
può appassionare pur non avendo grandi meriti tecnici o narrativi oppure può
avere molti meriti tecnici ma non arrivare al cuore. Credo che su questo siamo
tutti d’accordo.
Personalmente non conosco
l’opera di questo regista finlandese, non ho mai visto un suo film quindi non posso
fare un’analisi basandomi sulle sue tematiche ricorrenti o sull’evoluzione del
suo stile e del suo pensiero.
Detto questo vi racconto
quello che mi ha colpito.
Anzitutto un breve riassunto: Marcel
Marx, un ex bohemien di mezza età, vive a Le Havre sbarcando il lunario come
lustrascarpe. Vicino a lui la moglie Arletty con la quale condivide
un’esistenza povera di mezzi ma
dignitosa. All’improvviso nella sua vita irrompe un fatto nuovo: mentre Arletty è ricoverata all’ospedale per una grave
malattia lui incontra un piccolo profugo africano, gli dà ospitalità e decide
di aiutarlo a trovare i mezzi per raggiungere la sua famiglia in Inghilterra e scappare
dalla polizia che lo sta cercando.
La prima cosa che mi ha
colpito è la fotografia davvero particolarissima, con colori molto carichi che rendono
le scene quasi irreali, fiabesche, un po’ come nei quadri naif o nei cartoni
animati.
I personaggi sono quasi
caricaturali sia nell’aspetto fisico che nelle movenze, in particolare
l’ispettore di polizia e il cantante rock idolo dei tempi andati (che mi ha
ricordato tanto Little Tony).
Ci sono poi delle
incongruenze, ad esempio la valuta circolante è l’euro ma le macchine per
la strada sembrano uscite dagli anni cinquanta/sessanta.
Forse però tutto questo ha un
senso…
Forse la vera grandezza del
film sta nel messaggio che vuole lasciare: in un mondo povero di mezzi
economici vincono la solidarietà e la
ricchezza dei rapporti umani. Tutti gli abitanti del piccolo povero quartiere
fanno il possibile per aiutare Marcel e il ragazzino a nascondersi dalla
polizia e a fuggire, anche a costo di mettersi nei guai. Anche se hanno a
malapena i mezzi per vivere nessuno esita a dare il proprio contributo. Perfino
l’ispettore di polizia che dovrebbe essere il nemico alla fine aiuta il piccolo
profugo ad imbarcarsi. E tutto con una grandissima semplicità, senza proclami,
sbandieramenti o retorica. Il vero ed unico cattivo della storia resta il
vicino delatore, cattivo proprio perché denuncia e tradisce la comunità.
Per questo forse il
regista ha volutamente inserito le
incongruenze e caricaturizzato personaggi e situazioni allo scopo di far passare un messaggio di solidarietà senza
risultare buonista o sdolcinato.
Direi che in un periodo storico
come il nostro sarebbe meglio seguire la strada che ci indica Kaurismaki ed
imparare a dare più valore ai rapporti umani che al denaro.
Mi piacerebbe che gli amici
che lo hanno visto e che ne sono entusiasti (ma anche quelli che invece non
l’hanno amato) arricchissero questo post con le loro opinioni.
Miracolo a Le Havre di A.Kaurismaki, Finlandia Francia Germania 2011
Con A.Wilms,
K.Outinen, JP Daroussin
Durata 93’
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