mercoledì 26 dicembre 2012

Siberiana



Finalmente dopo varie settimane di assenza riesco a dedicarmi di nuovo al mio blog. Gli impegni sono stati molti, il tempo per leggere e scrivere poco, tanta la stanchezza. Risultato: sul comodino si sono accumulati libri e film che ora non vedo l’ora di cominciare. A dire il vero non sono rimasta completamente digiuna di letture, anzi! Finalmente sono riuscita ad affrontare L’Educazione Sentimentale. Ma dato che non oso cimentarmi in una critica a Flaubert passo a qualcosa di più accessibile.

Inizio con l’ultima pubblicazione di Luciana Castellina intitolata Siberiana. Un libro molto agile e gradevole in cui la giornalista prende spunto da un viaggio lungo la linea Transiberiana per fare qualche riflessione sulla Russia di oggi e l’Unione Sovietica di ieri.



La Transiberiana è la linea ferroviaria più lunga del mondo che collega Mosca a Ulan-Udé, ai confini della Cina e della Mongolia, là dove il percorso si biforca. Un ramo, infatti, prosegue verso Pechino, l’altro arriva a Vladivostok. Più di 9.000 km attraverso cinque fusi orari. Sarebbe certamente più veloce ed economico raggiungere la meta in aereo, ma questo viaggio in treno è un vero e proprio rito per i russi, che appena saliti in carrozza si mettono subito in pigiama e pantofole e ricreano una dimensione casalinga con tanto di carte e vodka. Sul treno esiste anche un vagone ristorante che però è quasi sempre sprovvisto di cibo, quindi alle stazioni i viaggiatori scendono, sempre in pigiama e pantofole, per andare a comprare uova e verdura dalle babuske che le portano dal loro orto. Un’amica che ha fatto questa esperienza mi ha confermato tutto questo, e mi ha raccontato che ad ogni carrozza è assegnata una provodnista, una sorta di capo vagone che ogni mattina passa l’aspirapolvere e con il suo samovar offre il the caldo a tutti i viaggiatori.

Chi raggiunge la Siberia in aereo, afferma l’autrice,  non ha capito niente della di questo paese: bisogna attraversarlo in treno per prendere coscienza del territorio, della sua storia e della cultura, come già aveva suggerito Tiziano Terzani nel suo Un Indovino mi disse

L’ autrice viaggia con un gruppo di altri 10 scrittori diretti  alla fiera del libro di Mosca e ci racconta della Russia di oggi dove c’è ancora tanto dell’Unione Sovietica di ieri, di una società immutata e lontana dai fervori di Mosca, delle ragazze siberiane che passeggiano in minigonne vertiginose e tacchi a spillo prima che arrivi il gelo che farà scendere le temperature fino a 60 gradi sotto lo zero.
La Siberia non è solo il luogo dei Gulag e dei deportati. E’ anche il luogo dove i deportati che sono sopravvissuti si sono poi insediati ed hanno dato vita a nuove comunità o si sono inseriti  in quelle già esistenti. 

Un viaggio lunghissimo e lentissimo attraverso centinaia di chilometri di boschi di abeti, di faggi, di betulle senza mai incontrare una casa,  in regioni grandi quattro volte la Germania e cinque volte la Francia ma con pochissimi abitanti, che non riesce mai ad annoiare.



lunedì 3 dicembre 2012

Il sospetto



Calunnia. “Diceria o imputazione coscientemente falsa e diretta a menomare l’integrità morale o la reputazione altrui” (Devoto Oli). La calunnia è anche un reato penale. Questo film importante parla di molte cose ma soprattutto di calunnia.

Siamo in un piccolo paese della Danimarca. Lucas ha 40 anni, è separato ed ha un figlio adolescente che la ex moglie gli permette di vedere troppo raramente. Vive da solo in una grande casa assieme alla sua cagnetta, insegna all’asilo locale, è buono e gentile, forse un po’ malinconico. Nel villaggio tutti sono amici da sempre, le giornate si susseguono serene, unica trasgressione sembrano essere le serate alcooliche dopo le battute di caccia o i tuffi goliardici senza vestiti nel lago gelato.
Questo clima di fiducia si incrina nel momento in cui Klara, una bambina che frequenta l’asilo e figlia del migliore amico di Lucas, pronuncia un po’ per gioco un po’ per dispetto una frase per lei apparentemente innocua ma di enorme gravità, insinuando nella direttrice un atroce sospetto: pedofilia. In breve gli adulti si fanno travolgere dalla psicosi  e Klara viene spinta a raccontare quello che vogliono sentirsi dire per poter avere conferma dei loro sospetti.  Il maestro gentile  improvvisamente diventa l’orco cattivo e la presunta molestia nei confronti di Klara si gonfia fino a trasformarsi in ripetute molestie a danno di tutti i bambini dell’asilo. Lucas viene allontanato dal suo lavoro, dalla comunità, indagato ed arrestato, abbandonato da tutti gli amici tranne da uno e dal figlio che continuano a credere nella sua innocenza, e sprofonda nell’incubo.
 “I bambini non mentono” sembra essere l’unica cosa su cui gli adulti non hanno dubbi, quindi il colpevole, anche se innocente e alla fine assolto dalla magistratura, non si libererà mai dal sospetto.

Non ho letto di riferimenti a fatti di cronaca realmente accaduti a cui il regista si sia ispirato, ma ognuno di noi può trovarli da sé nelle cronache degli ultimi decenni.

Come si fa, come si fa a difendersi dalla calunnia? Come si fa se si è innocenti e vittime di un’accusa infondata, e tutti si convincono che tu sia colpevole e ti condannano senza neanche ascoltare la tua difesa, senza verificare nulla?
Più della condanna giudiziaria pesa in questo film la condanna da parte della comunità, degli amici, la disperazione di Lucas che urla la sua innocenza ma nessuno lo ascolta. Perché “i bambini non mentono mai”. E invece non è vero, i bambini qualche volta dicono le bugie.  E Klara ci prova a raccontare la verità, a confessare di aver detto “una cosa stupida”, per due volte, ma non viene ascoltata. Ormai la psicosi dilaga e niente potrà convincere questi adulti di essersi sbagliati, neanche le prove concrete dell’innocenza di Lucas.

Noi spettatori invece sappiamo che è innocente. Lo sappiamo perché siamo un pubblico onniscente, il regista non ci nasconde niente, ci fa conoscere ogni dettaglio della vicenda che è narrata in modo lineare senza particolari artifici registici come flashback o prolessi che avrebbero potuto aumentare la tensione. Proviamo per Lucas una totale empatia, ci sentiamo angosciati, e pieni di rabbia nell’assistere a quella che è una vera e propria caccia (il titolo originale del film è Jagten che si traduce proprio con La caccia), e finiamo per giudicare negativamente persone che in fondo, per paura, non fanno altro che cercare di difendere i propri figli e la propria comunità. Ma senza verificare i fatti e dando più peso al sentito dire che al valore di un’amicizia. Perché se tutti ti accusano qualcosa di vero dovrà pure esserci, questo è il pensiero comune. E invece in questo caso proprio non è così.

Mi aspettavo ad un certo punto che Lucas decidesse di scappare, di fare le valigie ed andare a vivere altrove, o addirittura che si togliesse la vita. Invece rimane. Rimane perché è innocente e non ha nulla da nascondere, se fosse scappato avrebbe in qualche modo dato credito ai sospetti dei suoi accusatori.

Questo mi è sembrato il messaggio più importante del film che mi ha lasciata profondamente turbata, ed è senza dubbio uno dei film più significativi che ho visto quest’anno.

Trailer

Il Sospetto di Thomas Vinterberg, Danimarca 2012
Con Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkropp
Durata 111’