Finalmente dopo varie
settimane di assenza riesco a dedicarmi di nuovo al mio blog. Gli impegni sono
stati molti, il tempo per leggere e scrivere poco, tanta la stanchezza. Risultato:
sul comodino si sono accumulati libri e film che ora non vedo l’ora di cominciare. A dire il vero non sono rimasta completamente digiuna di letture,
anzi! Finalmente sono riuscita ad affrontare L’Educazione Sentimentale. Ma dato che non oso cimentarmi in una
critica a Flaubert passo a qualcosa di più accessibile.
Inizio con l’ultima
pubblicazione di Luciana Castellina intitolata Siberiana. Un libro molto agile e gradevole in cui la giornalista
prende spunto da un viaggio lungo la linea Transiberiana per fare qualche
riflessione sulla Russia di oggi e l’Unione Sovietica di ieri.
La Transiberiana è la linea
ferroviaria più lunga del mondo che collega Mosca a Ulan-Udé, ai confini della
Cina e della Mongolia, là dove il percorso si biforca. Un ramo, infatti,
prosegue verso Pechino, l’altro arriva a Vladivostok. Più di 9.000 km
attraverso cinque fusi orari. Sarebbe certamente più veloce ed economico
raggiungere la meta in aereo, ma questo viaggio in treno è un vero e proprio
rito per i russi, che appena saliti in carrozza si mettono subito in pigiama e
pantofole e ricreano una dimensione casalinga con tanto di carte e vodka. Sul
treno esiste anche un vagone ristorante che però è quasi sempre sprovvisto di
cibo, quindi alle stazioni i viaggiatori scendono, sempre in pigiama e
pantofole, per andare a comprare uova e verdura dalle babuske che le portano
dal loro orto. Un’amica che ha fatto questa esperienza mi ha confermato tutto
questo, e mi ha raccontato che ad ogni carrozza è assegnata una provodnista, una
sorta di capo vagone che ogni mattina passa l’aspirapolvere e con il suo
samovar offre il the caldo a tutti i viaggiatori.
Chi raggiunge la Siberia in
aereo, afferma l’autrice, non ha capito
niente della di questo paese: bisogna attraversarlo in treno per prendere
coscienza del territorio, della sua storia e della cultura, come già aveva
suggerito Tiziano Terzani nel suo Un
Indovino mi disse.
L’ autrice viaggia con un gruppo
di altri 10 scrittori diretti alla fiera
del libro di Mosca e ci racconta della Russia di oggi dove c’è ancora tanto
dell’Unione Sovietica di ieri, di una società immutata e lontana dai fervori di
Mosca, delle ragazze siberiane che passeggiano in minigonne vertiginose e tacchi
a spillo prima che arrivi il gelo che farà scendere le temperature fino a 60
gradi sotto lo zero.
La Siberia non è solo il luogo dei Gulag e dei
deportati. E’ anche il luogo dove i deportati che sono sopravvissuti si sono
poi insediati ed hanno dato vita a nuove comunità o si sono inseriti in quelle già esistenti.
Un viaggio lunghissimo e
lentissimo attraverso centinaia di chilometri di boschi di abeti, di faggi, di
betulle senza mai incontrare una casa, in
regioni grandi quattro volte la Germania e cinque volte la Francia ma con
pochissimi abitanti, che non riesce mai ad annoiare.
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