mercoledì 29 agosto 2012

Albert Nobbs e Viola di Mare


Si sa, Glenn Close è brava. Molto brava. La sua interpretazione in Albert Nobbs è davvero degna di nota. Non solo per l’arte con cui si cala nei panni di un uomo, ma anche perché con una grandissima espressività riesce a rendere il suo personaggio goffo, impacciato, rigido, disabituato a mostrare le sue emozioni ed anche un po’ bruttino. Per il resto il film non mi ha emozionata, nonostante la costruzione dei personaggi e la scenografia siano molto curate.  L’ho trovato forse un po’ meccanico, un esercizio di stile soprattutto da parte della protagonista che però non ha lasciato il segno.

 Ambientato in una Dublino dal sapore dickensiano seguiamo le vicende di Albert  che lavora come maggiordomo da una duchessa e mette da parte penny su penny  per aprire una tabaccheria. Albert in realtà è una donna costretta a travestirsi da uomo per avere un lavoro di un certo livello. E’ segretamente innamorata della cameriera Helen ma non osa pensare di poterla conquistare, finché un giorno scopre che non è l'unica ad avere questo inconfessabile segreto  e che forse i suoi sogni si possono realizzare. Dublino è fredda e inospitale se non si appartiene alla classe sociale giusta, e chi è diverso non è socialmente accettabile.

 Guardando Albert Nobbs ho ripensato ad  un altro film che invece mi aveva colpita al cuore, Viola di Mare. Film italiano ambientato in una Sicilia di fine 800 in cui due donne si amano ma per poter vivere assieme ed essere accettate in paese devono ricorrere ad uno stratagemma: Angela  si taglia i capelli, si veste da uomo e diventa Angelo. Tutti sanno che è una messinscena ma fingono di non vedere. L’apparenza è salva e le due possono vivere assieme. E poi la storia continua, non vi dirò come.
Film davvero intenso e commovente che mi è rimasto nel cuore. Mentre scorrevano i titoli di coda pensavo che l’amore non ha sesso e non può essere sbagliato.

Storie diverse, stesso travestimento. Entrambi i film toccano il tema della situazione femminile nell’800 ed entrambe le protagoniste per poter sopravvivere sono costrette a nascondere la propria femminilità facendo finta di essere uomini.
Se volete ammirare una Glenn Close magistrale e godervi un film ben costruito guardate Albert Nobbs. Se preferite emozionarvi vi consiglio Viola di Mare. L’importante è che si metta in moto il pensiero. Io sono del parere che alla fine il pregiudizio rende schiavi più quelli che lo praticano che quelli che lo subiscono. E "sempre l'ignoranza fa paura ed il silenzio è uguale a morte..."
Piccola nota interessante: il regista di Albert Nobbs è Rodolfo Garcia, figlio del premio Nobel Garcia Marquez, al suo esordio dietro la cinepresa.

Albert Nobbs, di Rodrigo Garcia, Gran Bretagna Irlanda, 2011
Con Glennn Close, Mia Wasikowska
Durata 113' 

Viola di Mare, di Donatella Maiorca,Italia 2009,
Con Isabella Ragonese e Valeria Solarino
Durata 105'


martedì 14 agosto 2012

Paolo Rumiz, La Cotogna di Istanbul


Questa notte mi ha rapita un libro. E' tardi e dovrei dormire. Ma come posso dormire adesso?
L’ho preso in prestito in biblioteca ma è talmente magico che me ne devo procurare  una copia personale per poterlo rileggere ogni tanto.

Dove si trovano certe parole che sembrano immagini, che fanno sentire i profumi e vedere i colori? Come si fa a scrivere un racconto poema con un ritmo che sembra un fiume lento, in cui basta immergersi  e lasciarsi portare dalla corrente?  “Una storia d’amore e di morte, storia bosniaca di sangue e di miele”, la storia dell’ingegnere viennese Max von Altenberg e della bosniaca Masa Dizdarevic, e di una svedalinka, una canzone d’amore che parla della mela cotogna di Istanbul e che contiene il loro destino.

Ma conoscevo già questa storia, perché Paolo Rumiz  era venuto a leggerla qui a Trieste accompagnato dalle musiche di Alfredo Lacosegliaz, nella notte più fredda dello scorso inverno, quando soffiava una Bora che non avevo mai sentito così forte. I miei amici ed io avevamo già preso il biglietto ed avevamo troppa voglia di ascoltarlo, così visto che anche uscire in macchina ci intimoriva abbiamo preso un taxi che ci ha raccolti uno alla volta e portati a teatro, mentre le strade fuori avevano un aspetto apocalittico, si vedevano passare solo le sirene dei pompieri ed un camion si era rovesciato per il vento sulle rive. E mentre eravamo a teatro fuori la Bora sibilava fortissima e si sentivano degli schianti abbastanza inquietanti, ma la lettura era così coinvolgente e la storia così intensa e le musiche così ipnotiche che tutti siamo stati contenti di aver sfidato il vento per ascoltarla.

Leggetela! E’ una storia struggente e palpitante, dolce e terribile, raccontata in modo meraviglioso. Ed è una storia che trae spunto da una vicenda realmente accaduta all’autore. Mi fa venire voglia di partire e di andare a scoprire quei luoghi così vicini e così lontani.


venerdì 10 agosto 2012

Domenico Starnone, Spavento


Che posso dire di questo libro, mi è piaciuto? Qualcosa mi ha attratto al punto che l’ho letto in due giorni, mentre contemporaneamente provavo un senso di repulsione.

Pietro Tosca, uno sceneggiatore quasi settantenne,  scopre i sintomi di una malattia potenzialmente grave e fa di tutto per evitare le analisi per paura di una diagnosi negativa. All’improvviso  lo scrittore che ci sta raccontando la storia di Pietro si ammala a sua volta e viene ricoverato all’ospedale per accertamenti.
Nel corso di tutto il romanzo i due livelli di narrazione si alternano, la storia del personaggio e quella dell’autore si influenzano e si modificano a vicenda  in un continuo gioco di specchi. Ho trovato molto originale questo espediente narrativo, la storia dello scrittore scivola quasi senza che ce ne accorgiamo nella storia di Pietro per poi riemergere anche nello stesso paragrafo e riportarci di nuovo alle riflessioni dell’autore.

La vicenda dello scrittore che trascorre qualche settimana all’ospedale senza riuscire a farsi dire dai medici qual è la probabile diagnosi mi ha ricordato molto Nanni Moretti che in un capitolo di Caro Diario si sottopone a svariate visite specialistiche ricevendo ogni volta una risposta diversa e di conseguenza una diversa cura.

Spavento  è il titolo del romanzo e questo sentimento permea ogni sua pagina. I due protagonisti si spaventano all’idea di essere malati, il primo reagisce con un infantile tentativo di fuga abbandonandosi ai vizi di un tempo correlati da pensieri ed un linguaggio spesso volgari (da qui il senso di repulsione di cui parlavo all’inizio).  Anche per il narratore la paura della morte si traduce in angoscia che lo trascina in una spirale di riflessioni ipocondriache che a loro volta accentuano i sintomi psicosomatici e gli impediscono di continuare il suo lavoro di scrittura.

Un romanzo spaventoso, nel senso che tocca un punto debole credo della maggior parte di noi che viviamo in una società dove tutto tende ad essere sempre più sicuro e sterilizzato e dove di conseguenza l’idea della morte, soprattutto se causata da una malattia degradante, è una delle cose che, appunto, ci spaventano di più.



giovedì 2 agosto 2012

Il Dottor Djembè


Parliamo un po’ di radio, argomento che su questo blog occupa ancora troppo poco spazio. Continuo a pensare che si vive molto meglio senza la televisione, e quando ascolto il Dottor Djembè ne ho la conferma.

In onda sabato e domenica alle 13, attualmente in replica gli stessi giorni ma alle 19, ovviamente sempre su Radio 3. In alternativa è disponibile sul podcast. In studio David Riondino accompagnato da Stefano Bollani. Splendida conferma il primo, splendida scoperta il secondo. Ogni volta un ospite in studio, di solito nomi del mondo dello spettacolo sconosciuti al grande pubblico. Grazie a Djembè ho conosciuto Beppe Gambetta e Chiara Civello, ed ho scoperto che Daniele Silvestri e Piero Pelù hanno una vena comica ai più sconosciuta.

I tormentoni di ogni puntata nel corso degli anni sono cambiati o si sono evoluti. Il Beccaccino Culturale, inizialmente parodia della Caccia al Libro di Fahrenheit, in cui un improbabile camionista Lapo telefonava nascondendo la sua vera professione per mettere a disposizione del pubblico volumi rarissimi, ma veniva ogni volta scoperto, è diventato ora un collegamento telefonico con Occupy  Bora Bora da dove lo stesso Lapo si fa portavoce di un difficile esperimento di democrazia partecipata.
O ancora la classifica dei dischi più venduti della settimana tra i quali compare sempre qualche brano di Duccio Vernacoli,  traduttore verso il dialetto toscano delle canzoni più note.
Le schede biografiche degli ospiti in studio redatte da Libero Radichelli ed il Lettino del Dottor Djembè sul quale ogni volta viene psicanalizzata una canzone.

Insomma…far ridere alla radio è molto più difficile che far ridere in televisione, ma quando riesce bene ogni paragone diventa inutile. Il Dottor Djembè, via dal solito tam tam, (come recita il titolo completo) sono divagazioni musicali, giochi di parole, divertissment e humor sottile e intelligente che vi consiglio di non perdere!