giovedì 8 novembre 2012

Se ti abbraccio non aver paura



Ho appena finito di leggere un libro delizioso, che mi ha accompagnata con la sua freschezza per ogni sua pagina. Leggero, nonostante il tema trattato non sia affatto semplice: è la storia di un ragazzo autistico, o meglio, è il racconto di un viaggio che questo ragazzo, Andrea, intraprende con suo padre.

La storia è vera, Franco l’ha raccontata a Fulvio Ervas che a sua volta ha deciso di farne un libro. Padre e figlio hanno raggiunto la Florida dove hanno noleggiato una moto e hanno attraversato gli Stati Uniti fino ad arrivare sulla West Coast. Di lì proseguendo per il Messico, il Guatemala, Belize, e Panama hanno raggiunto la costa orientale del Brasile. Senza una meta prefissata, liberi, all’avventura. All’avventura con un figlio autistico, una decisione non facile da prendere, non sapendo se il ragazzo avrebbe reagito bene o se ci sarebbero stati dei problemi e ovviamente con tutti che esprimevano i loro dubbi e perplessità sull’opportunità dell’impresa.

Il tema trattato è molto delicato, ma anche il libro è delicato. Certo, non mi aspettavo chissà  quale capolavoro letterario o un reportage socio -culturale sui paesi visitati, e in questo senso non ho avuto sorprese. Ma ancora una volta non è questo il punto. Questo racconto mi ha conquistata con la sua freschezza, la freschezza e la limpidezza di Andrea che guarda il mondo da un’angolazione tutta sua, che cerca di essere delicato anche se non ci riesce sempre con i suoi abbracci ed i suoi baci dati all’improvviso a chiunque, conosciuti e sconosciuti, con il suo toccare la pancia per capire le persone. Mi sono immaginata Andrea come un ragazzo dallo sguardo luminoso e trasparente e mi ha conquistata.



Non mi permetto di fare considerazioni su questo tipo di problematica perché non la conosco e non vorrei offendere nessuno, ma ammetto di aver  provato quasi invidia per il mondo semplice in cui vive questo ragazzo, soprattutto se lo confronto con la nostra quotidianità spesso piena di complicazioni inutili: “I normex, come tutti quelli che vivono troppo facilmente, non sopportano la diversità […] I normali non riescono ad apprezzare certi inceppi della vita, hanno cose alte e creative a cui badare: gli acquisti a rate, una dozzina di conflitti, un paio di bombe sul Giappone, qualche dozzina di sterminii religiosi … “
Andrea e suo padre parlano poco perché Andrea parla poco, ma usano un altro linguaggio. Un linguaggio fatto di sensazioni, di sguardi , di percezioni, un linguaggio molto più profondo e senza sprechi di parole.

Certo, nel libro sono omessi i momenti particolarmente difficili che certamente ci saranno stati. Il padre ogni tanto è stanco, esasperato, Andrea comunque capisce e soffre per la sua condizione, per la sua incapacità di controllarsi. Non importa se non è stato detto tutto. Io mi sono piacevolmente commossa e ve lo consiglio, se siete nel momento giusto per leggere qualcosa di semplice che spero riuscirà ad emozionarvi  come ha fatto con me.

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