martedì 22 gennaio 2013

Il tempo è un bastardo



Piccolo commento su un libro curioso che si legge abbastanza velocemente, senza annoiarsi ma senza poi ripensarci tanto.

L’autrice si chiama Jennifer Egan, è americana, collabora con il New York Times Magazine e per questo libro ha vinto il premio Pulitzer. Diciamo che questo stesso riconoscimento è stato dato anche a Cormac McCarty per La Strada che era tutto un altro discorso, comunque vediamo…

Di certo Il Tempo è un Bastardo ha dalla sua una struttura insolita e piuttosto originale. Si tratta infatti di una serie di racconti collegati tra loro dal ricorrere degli stessi personaggi che sono tutti in qualche modo legati alla figura centrale, Bennie Salazar, un ex musicista diventato poi discografico di successo. Ogni capitolo è in realtà un racconto a se stante che ha come protagonista una di queste persone che ruotano attorno alla vita di Bennie. C’è la sua collaboratrice di cui scopriamo un passato oscuro. C’è il di lei patrigno che fa un viaggio in Italia per andare a cercarla dopo una sua fuga e ne approfitta per dedicarsi alla storia dell’arte. C’è un compagno di scuola di Bennie che avrebbe potuto essere un musicista di successo ma ha preso una strada sbagliata. C’è un’amica d’infanzia di Bennie che deve intervistare il musicista fallito e scopre che il marito la tradisce… Le storie si svolgono tra San Francisco, Napoli e New York, avanti e indietro nel tempo dalla fine degli anni settanta pieni di droghe psicadeliche ad un futuro prossimo caratterizzato dalle comunicazioni veloci e informatizzate. Passando attraverso matrimoni falliti, musicisti in declino, cleptomani che poi guariscono. Minimo comune denominatore la musica soprattutto live, da quella delle band scolastiche a quella della vecchia gloria richiamata sul palco.

Il libro è tutto sommato godibile, il primo capitolo è molto promettente, poi si arena un po’ per riprendersi verso la fine. Qualche storia è meno convincente ma qualche altra la bilancia raggiungendo infine una media abbastanza buona. Ci sono delle sperimentazioni visive come un capitolo intero narrato sottoforma di slide, idea abbastanza interessante che tuttavia non fa gridare al capolavoro.

Riporto una frase che mi è piaciuta particolarmente ed in cui ho riconosciuto il segno dei nostri tempi. Si tratta della riflessione di un uomo appena uscito dal carcere: “Cazzo, uno se ne va per qualche anno e quando torna trova il mondo alla rovescia – disse Jules rabbioso – Palazzi che spariscono. Perquisizioni ogni volta che devi entrare in un ufficio. Tutti che ti parlano come se fossero matti , perché nel frattempo sono lì che mandano e-mail a qualcun altro”. 
Decisamente, tristemente vero.

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