martedì 16 aprile 2013

Un giorno devi andare



Questo è un piccolo gioiello intenso e coinvolgente. Non è un film che mi ha convinta in ogni sua parte ma è come un fiume lento che porta con sè pensieri e riflessioni, e questa è la sensazione che mi piace provare quando esco dal cinema.

Il regista, Giorgio Diritti, è autore anche de L’uomo che verrà, che ha avuto un buon successo di pubblico, e de Il vento fa il suo giro, un film potente e intimo che io personalmente ho preferito. Lo stesso autore, che ho visto recentemente in un’intervista, mi ha colpita per la riservatezza e la pacatezza con cui ha parlato di questa storia.

E la storia è quella di Augusta, che dopo aver perso un figlio prima ancora di averlo messo al mondo e dopo essere stata abbandonata dal marito perché non avrebbe più potuto diventare madre decide di partire per l’Amazzonia alla ricerca di se stessa e di risposte. Parte al seguito di una suora che viaggia su una barca lungo il Rio delle Amazzoni per insegnare il cattolicesimo alle varie comunità indigene che vivono lungo il fiume. Ma i metodi della suora e degli altri predicatori non convincono la giovane donna, che lascia la barca e la ricerca spirituale e va a vivere in una favela sulle palafitte di Manaus, per cercare risposte più concrete. Qui ritrova un po’ di serenità e il sorriso, cercando di contribuire all’organizzazione del lavoro della comunità e ricevendo in cambio affetto e calore umano. Ma ad un certo punto un evento traumatico la spinge di nuovo a partire e a viaggiare ancora  lungo il Rio fino ad approdare su una spiaggia deserta dove resta da sola ad indagare ancora il suo dolore ed il senso della sua vita.



Parallelamente ci viene narrata anche la storia della madre che è rimasta in Italia, triste e sola dopo la partenza della figlia e la recente morte del marito, a prendersi  cura della nonna scontrosa e tenace, e che ha come unico contatto umano quello con alcune monache del vicino convento da cui è partita la suora a cui si è inizialmente unita Augusta. Un sorriso comparirà finalmente sul suo volto triste quando arriverà dal Brasile una donna della favela amica della figlia, anche lei in fuga da un dolore.

E’ un film fatto di poche parole e di molti silenzi, di sorrisi, di primi piani di occhi neri e volti intensi, di povertà di mezzi e ricchezza di sentimenti, e di un paesaggio imponente e silenzioso, fatto di un fiume immenso che respira lentamente, di alberi enormi e maestosi, di una natura viva accanto a città povere che questa natura la sporcano e la offendono. E’ un film che dove non usa le parole parla direttamente al cuore attraverso gli sguardi, i gesti ed i lunghi silenzi, e che quando parla lo fa principalmente nel portoghese musicale dei brasiliani. 



Jasmine Trinca che interpreta Augusta non è più la ragazzina che aveva iniziato la sua carriera cinematografica quasi per caso. E’ cresciuta, ha ormai i lineamenti  di una donna e ha dato un fondamento al suo talento.
Uno dei momenti più significativi di questo film è secondo me la preghiera che l’amica brasiliana di Augusta recita per un’anziana donna appena morta, ringraziando i suoi occhi per quello che hanno visto, le sue gambe per dove l’hanno portata, il suo cuore per quanto ha amato; è la preghiera semplice di una donna povera di mezzi e di cultura, che però ha un significato più vero e diretto delle preghiere imposte agli indigeni che, come dice Augusta alla suora, non capiscono le cose che i missionari vogliono far fare loro.

Avrei anche qualche dubbio e perplessità tecnica su questo film, ma alla fine è stato un respiro profondo e una gioia per gli occhi quindi se avrete un po’ di pazienza per ascoltare anche i lunghi silenzi ve lo consiglio.



Un giorno devi andare, Italia, Francia 2013,
di Giorgio Diritti, con Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engelberth
Durata 110’


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